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I 5 super ricchi ai tempi del Covid: chi si è arricchito?

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La pandemia di Covid ha aumentato le disuguaglianze nel mondo fra i ricchi e i poveri. I pochi super ricchi diventano sempre più ricchi, mentre i poveri si fanno sempre più poveri, con l’ingresso di centinaia di migliaia di persone nell’area dell’indigenza e della fame. A certificare questa tendenza è stata l’agenzia di stampa finanziaria americana Bloomberg che ha tracciato la mappa dei miliardari più ricchi del pianeta aggiornata a fine 2021. Ovvero al termine del secondo anno della pandemia che sta cambiando l’economia e la società in ogni angolo del pianeta. In primis, certifica Bloomberg, la fortuna collettiva delle 500 persone più ricche del globo è cresciuta di mille miliardi di dollari. Questo ristretto gruppo di Paperoni possiede una fortuna combinata che supera gli 8.400 miliardi di dollari, più del Pil di tutti i Paesi del mondo, a eccezione di Stati Uniti e Cina.

Il re dei ricchi, Elon Musk

A guidare la classifica del super ricchi è Elon Musk, il patron di Tesla Motors, l’azienda produttrice di auto elettriche, che ha raggiunto un livello di ricchezza personale a cui si era ‘arrampicato’ solamente John D. Rockfeller, oltre un secolo fa. Musk, nonostante qualche problema che, anche di recente, l’ha costretto a ordinare il ritiro di alcuni suoi prodotti, ha raggiunto la vetta della classifica. Il suo patrimonio tocca i 273,5 miliardi di dollari e un guadagno del 75% grazie alla scommessa degli investitori sulle auto ecologiche di Tesla.

Elon Musk, 50 anni

Bezos e Arnault, gara a due

L’imprenditore nato in Sudafrica ha scalzato dal primo gradino del podio dei ricchi il fondatore di Amazon Jeff Bezos, sceso al secondo posto con 194,2 miliardi dollari, perché il colosso dell’e-commerce e del cloud è salito solo del +2% rispetto al 2020. Bezos, di recente sbertucciato da Musk su Twitter proprio riguardo la perdita del primato nella classifica dei super ricchi, quest’anno si è consolato con il primato nelle missioni spaziali private. E ha battuto proprio il numero uno di Tesla. Dietro di lui il francese Bernard Arnault, il patron del maxi-gruppo del lusso Lvmh, con una fortuna di 177,1 miliardi dollari. Le azioni del suo impero sono cresciute del +55% lo scorso anno, anche grazie a importanti investimenti come i 15 miliardi di dollari spesi a fine 2020 per rilevare Tiffany. Di Arnault si era parlato, prima della pandemia, per un suo presunto interesse a rilevare il Milan.

Jeff Bezos, 58 anni

Bill Gates e Zuckerberg

Scivola in quarta posizione, fra i ricchi, Bill Gates, con un patrimonio stimato in 138,3 miliardi di dollari. Hanno pesato il divorzio dalla moglie Melinda, che lo ha costretto a cedere alla ex consorte una fetta di titoli Microsoft, e una crescita della società ‘solo’ del 5%. Sesto Mark Zuckerberg, il patron di Meta-Facebook, con 128,4 miliardi (e +24% rispetto al 2020), preceduto da Larry Page, fondatore di Alphabet-Google, che a fine anno aveva un patrimonio di 129,5 miliardi di dollari, cresciuto del +57%.

Mark Zuckerberg, 37 anni

Vaccini? Per i ricchi

L’altra faccia della medaglia dello shock economico seguito al diffondersi del Covid in tutto il mondo? L’ampliamento della fascia della povertà, molto più di quanto siano aumentati i ricchi. Si calcolano in 150 milioni le persone in più che versano in condizioni di estrema indigenza nel 2021, secondo le stime della Banca Mondiale, numero destinato ad aumentare se la corsa dell’inflazione non dovesse arrestarsi. Non solo. Un recente rapporto di Oxfam, ong che si occupa dei paesi in via di sviluppo, mette in evidenza come l’aspetto sanitario della pandemia stia penalizzando il terzo mondo, soprattutto sotto il profilo della disponibilità dei vaccini. L’Unione europea, infatti, entro la fine di febbraio dovrà buttare 55 milioni di dosi di vaccini anti Covid, perché in scadenza, mentre all’Africa ne ha donate appena 30 milioni dall’inizio dell’anno.

Africa, poche dosi dalla Ue

Nel frattempo in Africa, a causa della scarsità di vaccini, appena l’11% della popolazione ha ricevuto le prime due dosi e dall’inizio di quest’anno si stima che almeno 250mila persone siano morte a causa del virus, quasi 7 mila al giorno. È la denuncia diffusa da Oxfam ed Emergency, membri della People’s Vaccine Alliance, alla vigilia del summit tra i leader dell’Unione europea e dell’Unione africana, in programma a Bruxelles il 17 e 18 febbraio. “Nonostante la retorica di una relazione speciale con l’Africa, l’Unione europea, che al momento è il primo esportatore di vaccini al mondo, ha dato la priorità alla vendita di dosi prodotte in Europa ai Paesi ricchi”.

Dosi ai ricchi: pagano bene

Ovvero a quelli ricchi “in grado di pagare prezzi esorbitanti facendo prevalere unicamente la logica del profitto delle case farmaceutiche. Solo l’8% delle dosi esportate è andato al continente africano” hanno detto Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rosella Miccio, presidente di Emergency . “BioNTech, l’azienda tedesca partner di Pfizer, ha venduto solo l’1% del suo export nei Paesi africani. Allo stesso tempo, fino ad oggi è l’Unione europea, sotto la spinta della Germania, ad opporsi con maggiore forza alla proposta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini Covid, avanzata da India e Sudafrica all’Organizzazione Mondiale del Commercio con il sostegno dell’Unione africana e di oltre 100 paesi. Un passo che, se accompagnato dalla condivisione di tecnologie e know-how, consentirebbe la libera produzione di vaccini, test e cure, bloccando lo sviluppo di nuove varianti del virus“.

Africa, 6 morti al minuto

La realtà dei ricchi del mondo è lontanissima da quella di centinaia di milioni di africani. Nel 2020 il 60% della popolazione africana, quasi 800 milioni di persone, ha sofferto di insicurezza alimentare. Vuol dire 90 milioni di persone in più rispetto all’anno precedente. Crisi climatica, pandemia e guerre alimentano la fame che ogni minuto causa la morte di 6 persone” ha detto Francesco Petrelli, di Oxfam Italia. “Diversi paesi africani stanno aumentando gli investimenti in assistenza sanitaria e forme di protezione sociale per rispondere allo shock pandemico, ma si tratta di misure ancora insufficienti. La disperata realtà è che le famiglie faticano a sfamare i propri figli, vendono il bestiame sopravvissuto a siccità sempre più dure e lunghe. Oltre 3 milioni di persone in Somalia hanno dovuto lasciare le proprie case, perché sull’orlo della carestia. In Ciad, Benin, Niger, Mali e Mauritania gli allevatori sono allo stremo”.

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